Gli stili di attaccamento e di relazione si trasmettono da una generazione a quella successiva

Come abbiamo visto nel precedente articolo “Lo stile di attaccamento ai genitori”, l’attaccamento che il bambino sviluppa nelle prime fasi di vita dà luogo alla formazione di “modelli relazionali interni”. Questi modelli di relazione, secondo Bowlby, influenzano l’atteggiamento  del  bambino. In che modo? Essi hanno un impatto nei confronti delle prime relazioni significative e, successivamente, determinano la natura dei legami sociali che svilupperà crescendo.

Bowlby in un lavoro del 1973 affermava che gli stili di relazione si trasmettono da una generazione a quella successiva:

“Dato che […] i bambini senza volerlo tendono ad identificarsi con i propri genitori e, dunque, ad adottare nei confronti dei figli, una volta diventati anche essi genitori, gli stessi comportamenti che hanno sperimentato durante la loro infanzia, gli stili di relazione si trasmettono, più o meno fedelmente, da una generazione a quella successiva

Lo stile di attaccamento negli adulti

Ma è davvero così? Davvero i genitori si comportano con i propri figli ripetendo degli schemi di cure genitoriali ricevute a loro volta?

Mery Main e i suoi collaboratori (Main, Kaplan, Cassidy, 1985)  hanno creato un modo per valutare i “modelli relazionali interni” di attaccamento negli adulti. Esso consente di comprendere se questi correlino con il tipo di attaccamento verso propri figli. Tale strumento è  chiamato “Intervista sull’attaccamento negli adulti” o “Adult attachment interview”.  L’intervista comprende una serie di domande volte a far emergere l’esperienza vissuta dal soggetto adulto nell’ambito dei suoi legami relazionali infantili. In pratica lo strumento indaga che idea abbia quell’individuo della relazione che da bambino ha avuto con i propri genitori.

Adulti con attaccamento sicuro, distanziante, preoccupato o irrisolto

Sulla base delle risposte all’intervista, la Main ha proposto la seguente classificazione:

  • Adulti Sicuri (“F”, free): sono individui che mostrano valutazioni coerenti nella narrazione delle loro esperienze passate, anche in presenza di un’infanzia difficile o segnata da eventi traumatici. Mostrano consapevolezza del passato e raccontano facilmente ed in modo equilibrato anche eventi spiacevoli. Dimostrano di aver  accesso libero ai ricordi infantili, non operano una censura di quello che viene riferito durante il questionario. Se vi sono state esperienze negative, traspare un senso di dolore provato ma superato ;
  • Adulti Distanzianti (“Ds”, dismissing): sono individui che tendono a fornire descrizioni generiche dei propri genitori ma non riescono a supportare tali definizioni con ricordi specifici. Racconti brevi ed incompleti. Hanno uno stile narrativo scarno delle loro esperienze infantili e dai loro racconti è difficile comprendere le emozioni sottostanti. Se è presente il ricordo di un’esperienza difficile, a questa è attribuito scarso o nessun peso nella vita. Sminuiscono i propri bisogni d’attaccamento passati ed attuali;
  • Adulti Preoccupati (“E”, entangled): sono individui ancora fermi con i ricordi alle esperienze infantili vissute con i propri genitori che descrivono profusamente ma con modalità incoerente, caotica e confusa. I ricordi causano in loro un’intensa emotività. Presentano una seria difficoltà a definire le emozioni. Dai loro racconti si evince un’inversione di ruolo con i propri genitori che non costituiscono pertanto una base sicura e rassicurante. Scarsa capacità di sintesi. Appaiono ancora eccessivamente coinvolti in conflitti e difficoltà legati al passato;
  • Adulti Irrisolti (“U”, unresolved): sono soggetti che non hanno risolto ed elaborato le esperienze traumatiche legate all’attaccamento (deprivazioni, maltrattamenti, abusi, perdite), possono presentarsi coerenti nei loro racconti, ma producono affermazioni non plausibili a proposito delle cause e delle conseguenze di eventi traumatici.
  • Non classificabile (CC, cannot classify): definizione utilizzata per descrivere i trascritti delle interviste che non soddisfano pienamente i criteri per l’inserimento in una delle tre categorie principali dell’attaccamento;

Tale madre tale figlio

Secondo la Main e i suoi collaboratori (1985), le madri autonome e sicure tendono ad avere bambini sicuri, quelle rifiutanti hanno bambini evitanti e le madri preoccupate tendono ad avere bambini resistenti. Per sapere cosa si intenda con “bambini sicuri”, “bambini evitanti” e “bambini resistenti” consulta l’articolo “Lo stile di attaccamento ai genitori”.

In particolare, le mamme autonome tendono ad avere figli sicuri poiché la loro mente non è occupata da problemi irrisolti. Esse sono pertanto libere di prestare attenzione al loro bambino e di interagire adeguatamente  con lui.  Le mamme rifiutanti tendono ad avere figli evitanti poiché hanno difficoltà ad ammettere le proprie esigenze rispetto all’attaccamento. E’ quindi poco pensabile per loro essere sensibili e ricettive nei confronti delle necessità del figlio. Infine, le madri preoccupate  tendono ad avere figli resistenti poiché sono confuse rispetto alla propria storia di attaccamento e di cure. Esse si comportano pertanto in modo incoerente nel provvedere al proprio bambino.

Da questi studi, dunque, è possibile capire che il modo in cui la madre, o qualsiasi altra persona si occupi in maniera principale del bambino, costituisce ed interpreta la propria storia relazionale infantile con le proprie figure di accudimento primarie abbia una notevole influenza sul tipo di relazione che il bambino svilupperà nei suoi confronti.