I Disturbi Alimentari sono patologie complesse caratterizzate da un disfunzionale comportamento alimentare.
Le categorie nosografiche in ordine di frequenza ed incidenza epidemiologica, sono:
- Disturbo da Alimentazione Incontrollata
- Bulimia Nervosa
- Anoressia Nervosa
- Disturbo Alimentare Evitante/ Restrittivo.
Qui per un approfondimento dei criteri diagnostici ed epidemiologici forniti dal Ministero della Salute.
Spesso tali disturbi sono associati a molteplici fragilità psicologiche tra cui spiccano le fatiche relazionali e i problemi di tipo identitario.
I Disturbi Alimentari e il Covid-19
Attualmente questi disturbi rappresentano un importante problema di salute pubblica.
L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha comportato un aggravamento del fenomeno con un progressivo abbassamento dell’età di insorgenza e frequenti diagnosi in età preadolescenziale e nell’infanzia.
Dagli ultimi dati a disposizione, si evince che sono ben il 30% in più i ragazzi che hanno sviluppato questo tipo di patologie durante l’ultimo anno. La didattica a distanza, la frustrazione del non poter vedere gli amici e dover subire regole rigide di distanziamento, la monotonia e la noia di una routine ripetitiva, la permanenza eccessiva e incontrollata sui social network, molto spesso si sono tradotti in disturbi del comportamento alimentare.
Perché il cibo diventa veicolo simbolico di un malessere più profondo?
Il contributo psicoanalitico negli anni ha dimostrato come l’alimentazione veicola l’esperienza di una relazione affettiva con un Altro da Sé in cui si incontrano buoni nutrimenti e buone emozioni che generano, in chi viene accudito, benessere e sviluppo. Ciò avviene a partire dallo sviluppo del bambino che nei primi momenti di vita sperimenta la presenza della mamma proprio attraverso il seno e il latte materno. È in questo periodo che si crea il primo collegamento cibo-relazione-affettività per cui l’assenza del cibo rappresenta l’assenza della mamma o di chi fornisce nutrimento.
Successivamente, in uno sviluppo tipico, la relazione affettiva con le figure di riferimento si separa dal piano alimentare ma ne mantiene un forte collegamento inconscio e simbolico per tutta la vita. Non a caso, infatti, anche a livello culturale il digiuno e la convivialità hanno forti legami con aspetti affettivi.
In alcune condizioni di patologia, ma anche in momenti particolarmente complessi della vita di ciascuno, quando la relazione umana diventa carente, frustrante o ci si sente abbandonati, sembra che il cibo ritorni sempre più come un piano simbolico dove la sofferenza relazionale può essere sperimentata e agita. In altre parole, in condizioni di disagio, la relazione con il cibo può simulare metaforicamente la relazione con le figure di riferimento: ci si sente rifiutati e, dunque, si rifiuta l’alimento; oppure, si prova un profondo vuoto relazionale che si cerca di colmare mangiando compulsivamente. Ecco come il desiderio di separarsi dall’altro e il desiderio fusionale e di dipendenza con esso possono essere trasportati sul piano simbolico: la restrizione e l’abbuffata rappresentano la fatica nel gestire una sana distanza relazionale.
Un approcci interdisciplinare
Nella comprensione di tali disturbi è essenziale per tanto non concentrarsi solamente sul modo disfunzionale con cui viene utilizzato il cibo ma poter analizzare quali sono le sofferenze profonde di tipo relazionale che un’alimentazione alterata riporta in superficie.
La cura dei Disturbi Alimentari, investendo corpo e mente ma anche la dinamica relazionale di tutta la famiglia, deve essere presa in carico da differenti figure professionali come, per esempio: psicoterapeuta, psichiatra, dietologo, gruppi psico educativi per le famiglie delle persone affette, medico internista che può predisporre interventi specialistici mirati per le diverse patologie fisiche che tali disturbi causano all’organismo.
Sara Santus
Ho fatto delle mie risorse e delle mie fatiche un lavoro. Da anni lavoro come psicologa psicoterapeuta a Milano in diversi settori, perché credo fortemente che l’unico modo per continuare ad imparare ed evitare di diventare autoreferenziali sia stare in mezzo alle persone, in tutte le loro sfaccettature.