Con la pandemia la situazione psicologica degli adolescenti è diventata allarmante amplificando le fragilità e il disagio dei ragazzi.
Sottratti al rapporto con i loro coetanei, con il mondo esterno e alla frequentazione della scuola in presenza, molti ragazzi stanno manifestando difficoltà ad uscire di casa dopo il lungo isolamento.
L’Ospedale Bambino Gesù dichiara di aver registrato un aumento del 30% dei casi a rischio e che al pronto soccorso si stia registrando un ricovero al giorno per “attività autolesionistiche”. Nel 90% dei casi si tratta di giovanissimi che cercano di togliersi la vita.
Nuovi adolescenti: come sono?
I ragazzi e le ragazze, come un gambero, durante l’adolescenza devono abbandonare l’esoscheletro dell’infanzia per ricoprirsi con l’esoscheletro dell’età adulta. In questo passaggio, però, in cui restano scoperti, sono vulnerabili.
Gli adolescenti si trovano in balìa di un corpo che si modifica e che trasmette loro delle sensazioni mai vissute prima.
Come lo psicoanalista Matteo Lancini ben descrive nel suo libro “Cosa serve ai nostri ragazzi” i nuovi adolescenti sono narcisisti schivi e rinchiusi in loro stessi, spiriti fragili e spavaldi, apatici e indisciplinati, ragazzi iperconnessi eppure soli.
Sembrano, quindi, molti i paradossi che contraddistinguono questa nuova generazione di adolescenti. Essi paiono non utilizzare più il conflitto e la trasgressione verso l’autorità per affermare loro stessi. Sono, invece, ostaggio di ideali presto disillusi e aspettative smisurate e scontano la mancanza di figure autorevoli capaci di guidarli nel loro percorso evolutivo.
Il cyberbullismo, il ritiro sociale, l’autolesionismo, la bulimia e l’anoressia sono solo alcuni dei modi in cui sempre di più si manifesta una sofferenza nascosta e trascurata. Per sapere di più su bulimia, anoressia e disagio relazionale leggi questo nostro articolo sul blog.
Gli attacchi al corpo
Tagliarsi, ma anche bruciarsi con le sigarette (burning) o marchiarsi a fuoco la pelle con un laser o un ferro rovente (branding) o grattarsi sino a farsi uscire il sangue, permette, in assenza di strategie più mature e funzionali, di ristabilire un equilibrio, di ricollocarsi nella propria vita, di non pensare al disagio mentale per occuparsi del dolore fisico, di esprimere la propria indipendenza affettiva.
“La pelle è il confine col mondo, il corpo è l’unica cosa sulla quale un adolescente – in quella fase della vita – sente di avere un potere, e quel potere lo affascina”
Ma perché la pelle, viene adoperata come superficie d’iscrizione, una tela, su cui la sofferenza psichica viene esteriorizzata e lavorata?
Il corpo come interfaccia tra l’individuale ed il sociale
Dall’origine della vita la superficie della pelle svolge molteplici funzioni nello sviluppo della personalità: quella di involucro psichico, di mediatrice dell’attaccamento e delle relazioni attraverso le esperienze corporee primarie madre-bambino legate alla vista, allo sguardo e al contatto fisico e emotivo.
La percezione del corpo è una costruzione progressiva che si realizza a livello intrapsichico, intersoggettivo, interpersonale e sociale.
In adolescenza le trasformazioni psichiche e somatiche contribuiscono a determinare la riorganizzazione della rappresentazione di sé, l’integrazione del nuovo corpo sessuato, l’elaborazione di nuovi aspetti dell’aggressività, del narcisismo, dell’identità.
In questa cornice gli attacchi al corpo costituiscono un codice non verbale per esprimere la sofferenza in modo iconico, ancora non verbalizzabile ma proiettabile e rappresentabile sulla propria pelle. Quando l’accudimento delle figure di riferimento risulta inadeguato e quando nell’adolescenza fallisce lo sviluppo di una adeguata capacità di elaborazione mentale delle proprie angosce, il ragazzo aggredisce il proprio corpo nel tentativo ultimo e disperato di tagliare via la propria sofferenza psichica.
Le funzioni dell’attacco al corpo
Concretizzare: serve a trasformare il dolore psichico in dolore agito, fisico, corporeo. Ciò serve a dare una forma concreta a sentimenti incontrollabili nel tentativo di conoscerli. Questa pratica può essere usata anche per riempire il vuoto interno con il dolore esterno, fisico, reale, quantificabile e controllabile poiché autoprodotto.
Punire, estirpare, modificare la parte cattiva di sé e purificarsi: attaccarsi rappresenta un tentativo protoverbale di liberarsi da un passato traumatico. Oppure un modo per aggredire il nuovo corpo adolescenziale divenuto estraneo ed origine di sensazioni perturbanti.
Regolare l’umore disforico: nell’adolescente borderline, ledere il proprio corpo è un modo per scaricare la propria angoscia e regolare il proprio dolore interiore.
Comunicare senza parole: trovare un canale espressivo per qualcosa che le parole non riescono a dire poiché traumatico (come nei casi di abusi fisici e psichici), per controllare comportamenti ed emozioni altrui o per favorire risposte di accudimento da parte di figure significative come negli adolescenti deprivati che vivono in comunità o istituzioni.
Bisogna, quindi, valutare in modo specifico quale funzione assume l’attacco al corpo in ogni specifico adolescente, considerando l’economia psichica di quel ragazzo, il particolare punto del suo sviluppo psichico, l’unicità della sua famiglia, la sua cultura di riferimento, ecc. Ciò consente di poterlo comprendere e aiutare a raggiungere un canale di comunicazione più maturo e funzionale .
Sara Santus
Ho fatto delle mie risorse e delle mie fatiche un lavoro. Da anni lavoro come psicologa psicoterapeuta a Milano in diversi settori, perché credo fortemente che l’unico modo per continuare ad imparare ed evitare di diventare autoreferenziali sia stare in mezzo alle persone, in tutte le loro sfaccettature.