Pandemia e isolamento sociale

Il mondo ha vissuto una trasformazione senza precedenti con l’avvento della pandemia da COVID-19. Oltre alla minaccia fisica del virus, un nemico silenzioso ha iniziato a farsi strada nella vita di milioni di persone nelle metropoli: l’isolamento sociale.

La tecnologia come ponte di connessione virtuale

Durante il lockdown strade deserte, locali vuoti e sguardi incerti dietro mascherine sono diventati la nuova normalità, creando un paesaggio emotivo segnato dalla solitudine. In questo scenario, la tecnologia ha agito come un ponte virtuale, cercando di colmare il divario lasciato dall’assenza di interazioni faccia a faccia. Le videochiamate hanno assunto un ruolo centrale nel mantenere vive le relazioni, consentendo alle persone di condividere esperienze e sostenersi a distanza. Il lavoro da remoto ha portato molte persone a sperimentare la solitudine lavorativa, con uffici che si sono trasformati in schermi di computer e le pause caffè diventate immagini sfocate di incontri virtuali.

Dalla connessione online all’isolamento sociale

Tuttavia, nonostante gli sforzi digitali, il vuoto dell’assenza fisica si è fatto sentire. Paradossalmente, la connessione online che ha garantito un minimo di contatto umano durante la pandemia, ha contribuito alla disgregazione sociale una volta conclusosi il periodo dell’emergenza sanitaria: ciò che è stato una risorsa si è trasformato in un fattore di rischio.

L’isolamento sociale, causato prima dalle diverse restrizioni governative e successivamente dal prevalere di forme di comunicazioni virtuali, ha sollevato interrogativi profondi sulla salute mentale. La mancanza di interazioni reali, infatti, può alimentare sentimenti di ansia, depressione e disturbi legati al corpo portando a una crisi che va oltre il fisico. Le organizzazioni sanitarie hanno sottolineato l’importanza di affrontare il benessere mentale in modo proattivo, rafforzando le risorse per affrontare gli effetti collaterali dell’isolamento (Zito, E. 2020).

I limiti della psicoterapia e la necessità di un intervento sui gruppi

La psicoterapia, con il suo focus sull’individuo e sulle dinamiche personali, ha dimostrato di essere un valido strumento per affrontare molte sfide psicologiche. Tuttavia, c’è un limite intrinseco nella sua portata: la capacità di agire direttamente sulla società è limitata.

Le radici dei problemi psicologici spesso affondano nelle dinamiche sociali, culturali ed economiche. La psicoterapia, pur essendo efficace nel trattare sintomi e schemi di pensiero individuali, può non affrontare completamente le cause profonde radicate nella struttura sociale.

Ad esempio, le disuguaglianze socio-economiche, la discriminazione, la mancanza di un gruppo sociale di riferimento e altre problematiche sistemiche possono avere un impatto significativo sulla salute psicofisica di un individuo e non sono completamente risolvibili da un approccio focalizzato unicamente sul soggetto (Carrieri, Vincenzo, et al. 2010).

Approccio olistico

Per superare questi limiti, è necessario, dunque, un approccio olistico che integri la psicoterapia con interventi su scala più ampia a livello comunitario, di quartiere o metropolitano.

Per questo noi di Spazio clinico Frua19 non solo interveniamo attraverso terapie individuali (per contattarci clicca qui) ma siamo anche in contatto costante con realtà territoriali (come, per esempio, Onlus, Cooperative Sociali, enti di volontariato) che organizzano esperienze di aggregazione sociale nei diversi quartieri della città. Inoltre, ci teniamo  informate su attività di cittadinanza attiva svolte in collaborazione con realtà istituzionali, quali per esempio il Comune di Milano, volte a promuovere senso di comunità e benessere sociale.